(23. Ott. 1823.)
[3764]Necessità di nuove o forestiere voci, volendo trattar nuove o forestiere discipline. Impossibilità e danno del mutare i termini ricevuti in una disciplina che da' forestieri sia stata trovata, o principalmente coltivata, o trasmessaci ec. di sostituire cioè altri termini a quelli con che i forestieri che ce la tramettono, sono usi di trattare quella disciplina, quando bene fosse facile alla nostra lingua il trovar termini suoi, novi o vecchi, da sostituir loro, anzi quando ella già ne avesse degli altri (sian termini sian vocaboli) con quel medesimo significato ec. V. Speroni Dial. della Retorica, ne' suoi Diall. Venez. 1596. p.139. a dieci pagg. dal principio, e 23. dal fine.
(23. Ott. 1823.)
Gli spettacoli gladiatorii, così sanguinarii ec. appartengono a quel diletto delle sensazioni vive, di cui dico in tanti luoghi. (23. Ott. 1823.). Così le cacce di tori ec. ec.
Disperser da dispergo-dispersus.
(24. Ott. 1823.)
Ai verbi diminutivi o frequentativi italiani da me altrove raccolti, aggiungi per esempio di quelli in olare, crepolare da crepare, screpolare ec.
(24. Ott. 1823.)
Quaero is, quaesitum e itus. Perchè dunque da queror, questus, ch'è verbo differente sol d'una lettera nella scrittura, e di nulla nella pronunzia? E da quaesitum e quaesitus che pur restano e son fuori di controversia, [3765]e non si potrebber dire altrimenti, abbiamo quaestus us e quaestor ec. ec. L'uso dunque delle contrazioni de' supini che altrove in tanti luoghi io suppongo, è evidente; perocchè qui restando il supino e il participio intero, le voci quindi formate sono, le più, contratte al modo appunto degli altri supini e participi ec. i quali molte volte per lo contrario son dimostrati da voci derivate o affini ec. non contratte.
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