Da che il genere umano ha passato i termini di quella scarsissima e larghissima società che la natura gli avea destinata, più scarsa ancora e più larga che non è [3774]quella destinata e posta effettivamente dalla natura in molte altre specie di animali; filosofi, politici e cento generi di persone si sono continuamente occupati a trovare una forma di società perfetta. D'allora in poi, dopo tante ricerche, dopo tante esperienze, il problema rimane ancora nello stato medesimo. Infinite forme di società hanno avuto luogo tra gli uomini per infinite cagioni, con infinite diversità di circostanze. Tutte sono state cattive; e tutte quelle che oggi hanno luogo, lo sono altresì. I filosofi lo confessano; debbono anche vedere che tutti i lumi della filosofia, oggi così raffinata, come non hanno mai potuto, così mai non potranno trovare una forma di società, non che perfetta, ma passabile in se stessa. Nondimeno ei dicono ancora che l'uomo è il più sociale de' viventi. Per società perfetta non intendo altro che una forma di società, in cui gl'individui che la compongono, per cagione della stessa società, non nocciano gli uni agli altri, o se nocciono, ciò sia accidentalmente, e non immancabilmente; una società i cui individui non cerchino sempre e inevitabilmente di farsi male gli uni agli altri. Questo è ciò che vediamo accadere fra le api, fra le formiche, fra i [3775]castori, fra le gru e simili, la cui società è naturale, e nel grado voluto dalla natura. I loro individui cospirano tutti e sempre al ben pubblico, e si giovano scambievolmente, unico fine, unica ragione del riunirsi in società; e se l'uno nuoce mai all'altro, ciò non è che per accidente, nè il fine e lo scopo di ciascheduno è immancabilmente e continuamente quello di soverchiare o di nuocere in qualunque modo altrui.
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