Quindi non è maraviglia se tanti argomenti ci paiono dimostrativi della naturale sociabilità dell'uomo, e se di questa quasi tutti sono persuasi intimamente, e credono assurdo e impossibile il contrario, e stimano questa persuasione naturalissima, e fondata sopra il più certo ed intimo e spontaneo senso, ed autenticata dalla più chiara e sincera e manifesta voce della natura; e mai non deporranno questa credenza. Perocchè [3806]tutti gli uomini che di queste cose possono discorrere o pensare in qualsivoglia modo, filosofi o non filosofi o plebei, sono nati, allevati, formati e vissuti sempre nella società e nelle assuefazioni ad essa appartenenti. Onde, non veramente per prima natura, ma per seconda natura, essi sono tutti in verità esseri sociali, ed a cui la società è propria e necessaria. E s'alcuno è nato e cresciuto fuori della società esso non discorre nè pensa di queste cose, o non prima che la società e le sue assuefazioni, coll'abitudine, gli si sieno convertite in natura. Sicchè nel creder l'uomo naturalmente sociale, e fatto per la società, e di lei bisognoso assolutamente, e la società natural cosa e indispensabile all'uomo, i saggi e gl'idioti, i civili e i barbari, gli antichi e i moderni, e tutte le diversissime nazioni e tutte le classi dissimilissime di persone, consentono insieme e consentirono e consentiranno forse più interamente, fortemente, costantemente e per più lungo tempo, che non fecero non fanno e non sono per fare intorno ad alcun'altra quistione speculativa.
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