Nč il corpo nč l'animo umano hanno la forza di goder pių che tanto, e anche indipendentemente dall'assuefazione che rende indifferenti le sensazioni da principio piacevoli o dolorose, anche restando ai piaceri e ai dolori la lor forza, manca all'uomo la facoltā di sentirli, se e' son troppo grandi, o se son troppi ec. La facoltā di soffrire č assai maggiore nell'uomo. Pur se il dolore č soverchio, nč il corpo nč l'animo umano non č capace di sentirlo, e non soffre, o per poco spazio, dopo il quale la sua facoltā di soffrire vien meno. L'uomo non puō molto godere, non solo perchč pochi e piccoli sono i piaceri, [3824]ma anche rispetto a se stesso, perchč egli č molto limitatamente capace del piacere, e quegli stessi che vi sono, cosė piccoli e pochi, bastano a vincere di gran lunga la sua capacitā. Bacco e Venere sono piaceri, ma l'uomo dopo un quarto d'ora ec. diviene incapace di gustarli, e soccombe alla loro forza niente meno che a quella de' tormenti e de' morbi.
(3. Nov. 1823.)
Somma conformabilitā dell'uomo ec. Tutto in natura, e massime nell'uomo, č disposizione. ec. Straordinaria, ed, apparentemente, pių che umana facoltā e potenza che i ciechi, o nati o divenuti, hanno negli orecchi, nella ritentiva, nell'inventiva, nell'attendere, nella profonditā del pensare, nell'apprender la musica ed esercitarla e comporne ec. ec. Similmente dei sordi nell'attenzione, nella contenzione e concentrazione del pensiero, nell'imparar cose che paiono impossibili ai sordi nati, fino a leggere, a scrivere, a parlare fors'anche ec. come nelle scuole de' sordi muti ec.
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Venere
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