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      Ma si osservi che la diminuzione in olo, olare ec. è non men propria dell'italiano moderno di quel che sia del latino quella in ulus, ulare, olus (come in filiolus) ec. Ben è vero ch'essa deriva onninamente da [3969]questa latina, anzi è la medesima con lei. Del resto l'aggiunta dell'u in questa nostra inflessione (come in figliuolo ec.). 1. è una gentilezza della scrittura e ortografia, un toscanesimo, non è proprio della favella, seppur non lo è della toscana, e in tal caso, che non credo neanche in Toscana sia troppo frequente e' sarebbe un accidente della pronunzia. 2. non si trova nelle più antiche scritture, nè in moltissime delle meno antiche, benchè esatte, anzi fuorchè nelle moderne, forse nel più delle scritture ella manca, e credo ancora che manchi regolarmente anche oggidì, almeno secondo l'ortografia della Crusca, in molte parole dove l'olo è pur lungo. 3. ella svanisce regolarmente (per la regola de' dittonghi mobili) sempre che l'accento non è sull'o: quindi da figliuolo figliolanza ec. 4. essa è veramente una proprietà italiana onde anche da sono, bonus e tali altri o semplici, facciamo uo, come suono, buono ec. siccome gli spagnuoli ue, che pur si risolve, o ritorna, in o sempre che l'accento non è sull'e, come da volvo buelvo e poi bolver ec. V. p.4008. E anche quando la desinenza ec. in olus o ulus ec. non è diminutiva, noi ne facciamo sovente uolo ec. come da phaseolus, fagiuolo ec. 5. Essa manca sempre in moltissime parole italiane, come in tanti verbi diminutivi o frequentativi ec. in olare de' quali ho detto altrove, che sarebbe sproposito scrivere in uolare.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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