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      (Così dicasi dell'alterazione cagionata ne' costrutti ec. dalla mutata pronunzia). Questa causa di corruzione è da porsi fra quelle che produssero e producono universalmente l'alterazione e corruttela di tutte le lingue, nelle quali tutte (o quasi tutte) i secoli di gusto falso e declinato pigliarono un numero conforme al descritto di sopra e diverso da quello de' loro antichi. Si [4028]conosce a prima vista, e indubbiamente, (almen da un intendente ed esercitato) per la differenza e per la detta qualità del numero, un secentista da un cinquecentista, ancorchè quello sia de' migliori, ed anche conforme in tutto il resto agli antichi. Il Pallavicini, ottimo per se in quasi tutto il restante, pecca moltissimo nella sfacciataggine e uniformità (vera o apparente, come dico altrove) del numero, alla quale subito si riconosce il suo stile, diverso principalmente per questo (quanto all'estrinseco, cioè astraendo dalle antitesi e concettuzzi che spettano piuttosto alle sentenze e ai concetti, come appunto si chiamano) da' nostri antichi, da lui tanto studiati, e tanto e così bene espressi e seguiti. Che dirò del numero di Apuleio, Petronio ec. rispetto a quello di Cicerone e di Livio? non che di Cesare, e de' più antichi e semplici, che Cicerone nell'Oratore dice mancar tutti del numero, s'intende del colto, perchè senza un numero non possono essere. V. p. seg. Che dirò di Lucano, dell'autore del Moretum, Stazio ec. rispetto a Virgilio? Marziale a Catullo ec.? Or questa mutazione e depravazione del numero dovette necessariamente essere una delle maggiori cagioni dell'alterazione della lingua sì greca, sì latina e italiana, sì ec., massime quanto ai costrutti e l'ordine, e quindi alla frase e frasi, e quindi all'indole, insomma al principale.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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