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      (4. Aprile 1824. Domenica di Passione. Nevica.)
     
      Altro per alcuno o ridondante, del che altrove. Aggiungasi quell'uso dell'avv. altrimenti o altramente ec., uso frequentissimo appresso i nostri, massime de' buoni secoli, e non raro neanche oggidì, nel qual uso quell'avverbio sembra un assoluto pleonasmo, quando cioè egli è congiunto alla negazione, p.e. così: non v'andò altrimenti, cioè non v'andò. (In altro modo egli può esser congiunto alla negazione con significati diversi, come quando si dice non altrimenti per parimente, non altrimenti che per come.) Par ch'esso avv. in tali casi equivalga al punto, al guari e simili italiani e francesii ec. aggiunti sì spesso alla negazione senz'alcuna maggior forza. In fatti spesso, o il più [4058]delle volte esso avverbio in questo caso non importa nulla, ma originariamente e veramente, e forse talvolta effettivamente massime presso gli antichi, vale in alcun modo. Gli altri l'usarono e l'usano senza certo aver mai neppure immaginato o sospettato quel che ei significhi in tali casi. Nei quali egli ha alcun chè a fare con quell'uso dell'avverbio ?????, di cui altrove.
      (5. Aprile. 1824.)
     
      È un grand'errore di quelli che hanno a congetturare o indovinare le risoluzioni o gli andamenti d'altri, sia nelle cose private sia nelle pubbliche, e queste o politiche o militari, e sia con dati o senza dati, il considerare con ogni sorta di acutezza e di prudenza quello che sia più utile a quei tali di risolvere o di fare, più conveniente, più secondo lo stato loro e delle cose, più giusto, più savio, e trovatolo, risolversi che essi faranno o determineranno, ovvero fanno e determinano appunto questa o queste cose o l'una di queste in ogni modo.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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