Astenghiamoci dunque dal giudicare, e diciamo che questo č uno universo, che questo č un ordine: ma se buono o cattivo, non lo diciamo. Certo č che per noi, e relativamente a noi, nella pił parte č cattivo; e ciascuno di noi per questo conto l'avria saputo far meglio, avendo la materia, l'onnipotenza in mano. Cattivo č ancora per tutte le altre creature, e generi e specie di creature, che noi conosciamo: perchč tutte si distruggono scambievolmente, tutte periscono; e, quel ch'č peggio, tutte deperiscono, tutte patiscono a lor modo. Se di questi mali particolari di tutti, nasca un bene universale, non si sa di chi (o se dal mal essere di tutte le parti, risulti il ben essere del tutto; il qual tutto non esiste altrimenti nč altrove che nelle parti; poichč la sua esistenza, altrimenti presa, č una pura idea o parola); se vi sia qualche creatura, o ente, o specie di enti, a cui quest'ordine sia perfettamente buono; se esso sia buono assolutamente e per se; e che cosa sia, e si trovi, bontą assoluta e per se; queste sono cose che noi non sappiamo, non possiamo sapere; che niuna di quelle che noi sappiamo, ci rende nč pur verisimili, non che ci autorizzi a crederle. Ammiriamo dunque quest'ordine, questo universo: io lo ammiro pił degli altri: lo ammiro per la sua pravitą e deformitą, che a me paiono estreme. Ma per lodarlo, aspettiamo di sapere almeno, con certezza, che egli non sia il pessimo dei possibili. - Quel che ho detto di bontą e di cattivitą, dicasi eziandio di bellezza e bruttezza di questo ordine ec.
| |
|