Che si dee pensare della scrittura di una nazione, la quale scrittura ha bisogno di essere scritta in un altro modo, di essere rappresentata con un'altra scrittura, e ciò alla stessa nazione, acciò che questa intenda ciò che quella significa? giacchè l'intendere come essa vada pronunziata, non è altro che intendere il suo valore.
(Firenze. 21. Sett. 1827.)
Se fosse possibile che io m'innamorassi, ciò potrebbe accadere piuttosto con una straniera che con un'italiana. Quel tanto o di nuovo o d'ignoto che v'ha ne' costumi, nel modo di pensare, nelle inclinazioni, nei gusti, nelle maniere esteriori, nella lingua di una straniera, è molto a proposito per far nascere o per mantenere in un amante quella immaginazion di mistero, quella opinione di vedere e di conoscere nella persona amata assai meno di quello che essa nasconde in se stessa, di quel ch'ella è, quella idea di profondità, di animo recondito e segreto, ch'è il primo e necessario fondamento dell'amor più che sensuale. Oltre alla grazia che accompagna naturalmente ciò ch'è straniero, come straordinario.
(Firenze, 21. Sett. 1827.)
Doucereux.
Una voce o un suono lontano, o decrescente e allontanantesi appoco appoco, o eccheggiante con un'apparenza di vastità ec. ec. è piacevole per il vago dell'idea ec. Però è piacevole il tuono, un colpo di cannone, e simili, udito in piena campagna, in una gran valle ec. il canto degli agricoltori, degli uccelli, il muggito de' buoi ec. nelle medesime circostanze.
(21. Sett. 1827.)
[4294]La differenza tra le voci di origine volgare, e quelle di origine puramente letteraria nelle lingue figlie della latina, si può vedere anche in questo, che spesso una stessissima voce latina, pronunziata e scritta in un modo nelle nostre lingue, significa una cosa; in un altro modo, un'altra, tutta differente, e si considera come un altra voce da tutti, salvo solo i pochissimi che s'intendono delle origini della lingua.
| |
Firenze Firenze
|