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      Lascio che per lungo tempo dopo il detto uso della scrittura, si continuò appresso i greci la recitazione pubblica o canto de' versi d'Omero e degli altri poeti antichi. Ac primo quidem tempore et paene ad Periclis usq. aetatem Graecia Homerum et ceteros?(????(? suos adhuc auditione magis quam lectione cognoscebat. Paucorum etiam tum erat cura scribendi, lectio operosa et difficilis; itaque rhapsodis maxime operam dabant captique mira dulcedine cantus ab illorum ore pendebant. In clarissimis huius saeculi (secolo di Pericle) rhapsodis memoratur circa Olymp. 69. Cynaethus, Pindaro aequalis, qui Chio commigravit Syracusas, vel ibi maxime artem factitavit. (Wolf §.36. p. CIX.) Noti sono i rapsodi del tempo di Socrate, di Platone, (ib. p. CLXI. not.22.) e di Senofonte, §.23. p. XCVI. e l'autore [4346]dell'Ipparco, dialogo che va tra le opere di quest'ultimo, dice che anche al suo tempo si recitavano da' rapsodi alle feste de' Panatenei quinquennali, i versi di Omero, con quell'ordine che, secondo lui, da Ipparco figlio di Pisistrato era stato ingiunto ai rapsodi da osservarsi nel recitarli. E durò fino agli ultimi tempi della Grecia l'uso di recitare a memoria ne' conviti e nelle conversazioni colte, degli squarci di poesia, or d'uno or d'altro autore; il che si chiamava ((?????(??(? e simili; v. p.4438. e vedine il Comento del Coray a' Caratteri di Teofr. e del Casaubono ad Ateneo. Possono considerarsi come una continuazione dell' antica usanza rapsodica quei tanti componimenti di genere letterario ed epidittico che i sofisti e retori a' tempi romani, e massime nel 2° secolo, andavano declamando pubblicamente per le città della Grecia, dell'Asia, della Gallia, ora in lode di esse città, ora degl'imperatori ora degli Dei o eroi ec. del paese, or sopra argomenti di morale, di filologia nazionale ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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