Venne, pochi mesi addietro, a visitarmi; e discorrendo egli intorno agli eroi più o meno giovani dell'Iliade, io notai che stando a' suoi computi, Achille sarebbe stato guerriero imberbe. Risposemi, ch'ei non si dava per vinto; ma ch'ei cominciava a sentire la vanità della vita, e non gl'importava oggimai di vittorie. Nè la poesia nè la realtà delle cose giovavano più a liberarlo dal tedio che addormentava in lui tutti i sentimenti dell'anima; e dopo non molti giorni, morì: ed io ne parlo perchè i suoi concittadini ne tacciono. §.17. Or quando scrittori di tanta mente per via di date congetturali prestano forme e certezza a nozioni vaghe e oscurissime, e le fanno risplendere come vere, ei costringono l'uomo, o alla credulità ed al silenzio, o a meschine fatiche e al pericolo di controversie, e per cose di poco momento al più de' lettori.
(Firenze. 19. Sett. 1828.)
[4382]Ivi, §.150. Senza ritoccare la questione (e ne discorro altrove (forse nell'articolo sull'Odissea di Pindemonte), e la tengo oggimai definita) se i due poemi sgorgavano da un solo ingegno nella medesima età, (Payne Knight, Carmina Homerica, Prolegomena, sect. LVIII. - e il volumetto, "A History of the text of the Iliad." Nota.) chi non vede che sono dissimili in tutto fra loro, e che tendevano a mire diverse? Perciò nell'Iliade la realtà sta sempre immedesimata alla grandezza ideale, sì che l'una può raramente scevrarsi dall'altra, nè sai ben discernere quale delle due vi predomini; e chi volesse disgiungerle, le annienterebbe.
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