(2. Mag.)
Alla p.4273. Cosė gli stranieri, dopo avere snaturata la loro scrittura per voler esprimer con essa piuttosto la pronunzia latina che la volgare, abituati poi a questo snaturamento, anzi dimenticatolo, e pigliando [4498]per naturale e per logico il loro modo di scrivere, vengono a snaturare la pronunzia latina, facendo dal latino scritto al pronunziato quella differenza che sono usati e necessitati a fare dalla pronunzia alla scrittura de' loro volgari. (2. Mag. 1829. Recanati.). Č naturale e conseguente, che chi scrive male la propria lingua, legga male le altre. Massime quelle che non gli sono note se non per iscrittura.
(2. Mag.)
Alla p.4496. Come parvolus per parvulus: e regolarmente dopo vocale, come lacteolus, flammeolus, bracteola, lanceola, Tulliola, filiolus ec., e cosė ne' verbi. - Fors'anche la nostra forma in atto attare (attolo attolare), probabilmente da acchio ec. piuttosto che da asso. E quindi anche la diminuzione ec. in etto ettare, otto, utto ec. ec. E quindi anco la francese in et ette etter eter, ot ote (barbote) otte otter oter ec. (becqueter, piquer - picoter.): e la spagnuola in ito ecito ec. oto ec. Certo poi la spagnuola in ico ecico ec. ec.
(3. Maggio. 1829.)
Che libertar sia un liberatare o liberitare (meritare - mertare), č provato anche da libertus, participio aggettivato, mera contrazione di liberatus.
L'assenza di ogni special sentimento di male e di bene, ch'č lo stato pių ordinario della vita, non č nč indifferente, nč bene, nč piacere, ma dolore e male.
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Tulliola
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