INTRODUZIONEdi Plinio Perilli
Solo la feroce, shakespeariana e dolente invettiva di Macbeth, gli sta alla pari: "...La vita non è che un’ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più?"...
Ma Leopardi è ancora più implacabilmente, posatamente pessimista: "Che cos’è la vita? Il viaggio di un zoppo e infermo che con un gravissimo carico in sul dosso, per montagne ertissime e luoghi sommamente aspri, faticosi e difficili, alla neve, al gelo, alla pioggia, al vento, all’ardore del sole, cammina senza mai riposarsi dì e notte un spazio di molte giornate per arrivare a un cotal precipizio o un fosso e quivi inevitabilmente cadere" (Bologna, 17 gennaio 1826)...
Queste Memorie della mia vita, ricavate principalmente dallo Zibaldone, dai manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli e dall’Epistolario - risaltano e inquietano come un’ideale autobiografia poetica, aggregata secondo sue precise disposizioni. Ma è anche, e soprattutto, la Storia di un’anima, titolo con cui lo stesso Leopardi concepì e progettò un serrato, psicologico romanzo interiore, nella persona di tal Giulio Rivalta: recitato, letterario e goffo alter ego dell’autore de "L’infinito". Nasce così un nuovo, estroso volume, che però rispetta una precisa disposizione leopardiana, e "consente il modo di raccogliere" - come rileva Francesco Flora, suo primo, affettuoso curatore nel 1949 - "alcune tra le più calamitanti pagine del poeta".
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