Un volume, lo ripetiamo, extravagante - eppure rigorosamente, serratamente leopardiano, proprio nella più nobile accezione e nella finalistica risonanza di quella lirica della memoria, di quella sofferta ma illimpidita meditazione andata che egli disse "essenziale e principale nel sentimento poetico": "la sensazione presente", asseriva, "non deriva immediatamente dalle cose, non è un’immagine degli oggetti, ma della immaginazione fanciullesca: una ricordanza".
Lo sappiamo: talento geniale e precocissimo, Giacomo, già appena a dieci-undici anni, compone e progetta i suoi primi testi poetici, acute ed eclettiche prose, erudite traduzioni. "Credo non sia da sottovalutare" - scrive Maria Corti, affascinata raccoglitrice, con Entro dipinta gabbia, degli sminuzzati o profusi versi dell’infanzia e della adolescenza (cfr. ora in Tutti gli scritti 1809-1810, Bompiani, Milano,1993) - "l’acutissimo spirito di osservazione, l’incipiente presenza della forza della razionalità nella prima giovinezza del Leopardi, un inizio anche doloroso (l’altra faccia del gioco) di riflessione sulle cose degli uomini; e del resto è il Leopardi stesso a denunciarlo quando in ‘Ricordi d’infanzia e di adolescenza’ (...) parla della sua infantile struggente delusione allorché, in casa di qualcuno, i genitori a un certo momento interrompevano il gioco dei bambini, perché la visita era finita, e troncavano senza ragione la loro letizia. Era questo già un modo di riflettere, lui bimbo, sulla sorte umana, alla stessa maniera come mi sembra una germinale disposizione, un parlare futuro, entro la prosa (...) dedicata alla prediletta nonna, la frase: ‘ La verità mi sarà sempre cara egualmente che a voi, né sarà mai che l’impugni.
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