Nel Sogno di Leopardi
- argomenta sempre Francesco De Sanctis, il quale negli ultimi anni napoletani del poeta, ebbe l’onore d’accompagnare sovente, per le strade di Portici, le sue passeggiate e le sue conversazioni - "la base è capovolta. La vita è tutta e sola in terra; la morte è separazione eterna da’ nostri cari; tutto l’altro è l’ignoto, è mistero. L’altro mondo è sottratto a ogni contemplazione poetica. Fonte della poesia è la vita terrena, anzi quella sola e breve parte della vita, che è detta la giovinezza"...
Nostra vita a che val? solo a spregiarla... - canta in "A un vincitore nel pallone", pur festeggiando "la sudata virtude" del "garzon bennato", del "magnanimo campion". E forse il merito più grande di Leopardi pensatore, sulla soglia dell’età moderna, è proprio quest’assennato, caparbio tentativo di riconciliare e in fondo superare le sterili diatribe della metafisica; nel suo "Dialogo tra A e D" su Schopenhauer e Leopardi, De Sanctis ne divulga un’accalorata sintesi: "... Leopardi, sotto nome di un filosofo greco, dice: - La materia è ab aeterno -; e dal senodella materia vede germinare l’appetito irrazionale, e quindi l’ignoranza, l’errore, le passioni, in una parola il male. Schopenhauer ha detto: - La materia non esiste, è un concetto, un’astrazione; ciò solo che esiste è l’appetito, il Wille. - Tutti e due dunque ammettono lo stesso principio, ma l’uno lo profonda nella materia, e l’altro gli fa della materia un semplice velo"...
Venuto anzi a meditare sull’anima, il Leopardi dello Zibaldone quasi reagisce insieme contro i dogmi della fede, o le colte, radicali teorizzazioni dei filosofi: "Ci assicuriamo noi di dire che l’anima nostra è perfettamente semplice, e indivisibile, e perciò non può perire?
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