E forse ch’ioPria sarò steso in sul funereo letto,
E de l’ossa nel flebile ricettoPrima infinito adombrerammi obblio:
Misero quadrilustre. E tu nemicaLa sorte avesti pur: ma ti rimbomba
Fama che cresce e un dì fia detta antica.
Di me non suonerà l’eterna tromba;
Starommi ignoto e non avrò chi dica,
A piangere i’ verrò su la tua tomba.
Primo sonetto composto tutto la notte avanti il 27 Novembre 1817, stando in letto, prima di addormentarmi, avendo poche ore avanti finito di leggere la vita dell’Alfieri, e pochi minuti prima, stando pure in letto, biasimata la sua facilità di rimare, e detto fra me che dalla mia penna non uscirebbe mai sonetto; venutomi poi veramente prima il desiderio e proponimento di visitare il sepolcro e la casa dell’Alfieri, e dopo il pensiero che probabilmente non potrei.
Scritto ai 29 di novembre.
MEMORIE DEL PRIMO AMORE
Io cominciando a sentire l’impero della bellezza, da più d’un anno desiderava di parlare e conversare, come tutti fanno, con donne avvenenti, delle quali un sorriso solo, per rarissimo caso gittato sopra di me, mi pareva cosa stranissima e maravigliosamente dolce e lusinghiera: e questo desiderio nella mia forzata solitudine era stato vanissimo fin qui.
Ma la sera dell’ultimo Giovedì, arrivò in casa nostra, aspettata con piacere da me, né conosciuta mai, ma creduta capace di dare qualche sfogo al mio antico desiderio, una Signora Pesarese nostra parente più tosto lontana,(2) di ventisei anni, col marito di oltre a cinquanta, grosso e pacifico, alta e membruta quanto nessuna donna ch’io m’abbia veduta mai, di volto però tutt’altro che grossolano, lineamenti tra il forte e il delicato, bel colore, occhi nerissimi, capelli castagni, maniere benigne, e, secondo me, graziose, lontanissime dalle affettate, molto meno lontane dalle primitive, tutte proprie delle Signore di Romagna e particolarmente delle Pesaresi, diversissime, ma per una certa qualità inesprimibile, dalle nostre Marchegiane.
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