Esortazione alla virtù per cagione della sua bellezza.
2. ARGOMENTO DI UN’ELEGIA
Io giuro al cielo ec. O donna ec. né tu per questo. ec. io m’immagino quel momento. ec. Non ho mai provato che soffra chi comparisce innanzi ec. essendo ec eromenos ec. giacché io sinché la vidi non l’amai, io gelo e tremo solo in pensarvi or che sarà ec. Che posso io fare per te? che soffrire che ti sia utile. Benché io già eromen sou (che così si è detto nella prima Elegia) non era ben deciso né conosceva l’amore, quand’io ti compariva innanzi.
3. D’UN’ALTRA
Oggi finisco il ventesim’anno. Misero me che ho fatto? Ancora nessun fatto grande. Torpido giaccio tra le mura paterne. Ho amato te sola, O mio core ec. non ho sentito passione, non mi sono agitato ec., fuorché per la morte che mi minacciava, ec. Oh che fai? Pur sei grande ec. ec. ec. Sento gli urti tuoi ec. Non so che vogli, che mi spingi a cantare a fare né so che ec. Che aspetti? Passerà la gioventù e il bollore ec. Misero ec. E come piacerò a te senza grandi fatti? ec. ec. ec. O patria o patria mia ec. che farò, non posso spargere il sangue per te che non esisti più ec. ec. ec. che farò di grande? Come piacerò a te? in che opera, per chi, per qual patria spanderò i sudori i dolori il sangue mio?
4. D’UN’ALTRA
Non sai ch’io t’amo, ec. O campi o fiori ec. ec. Ma non importa ec. Mi basta di soffrire per te. Non ti sognasti mai, non desiderasti non pensasti d’essere amata, ec. Non merito che tu m’ami, ec. Mi basta il mio dolore la purità de’ miei pensieri l’ardore la infelicità dell’amor mio.
| |
Elegia
|