Ho già cominciato a leggerlo, né posso credere che con questi esempi innanzi agli occhi la gioventù Italiana voglia seguitare a scriver male. A ogni modo s’è guadagnato assai, e niuno ora vorrebbe tornare alla metà o al fine del settecento. Dagli altri suoi scritti avea argomentato la dilicatezza del suo cuore e la finezza rarissima della sua tempera: ma in questi e nelle sue carissime lettere ne veggo leggiadrissime dipinture. Niente dico dell’avvenenza dello scrivere, perché queste cose mi paion sacre e da non profanarsi col parlarne a sproposito.
Tanto ho ciarlato che le avrò fatto venir sonno. Le sue Lettere m’han dato animo. Ho veduto ch’Ella è un signore da sopportarmi, e da acconciarsi anche ad istruirmi. E perché vedesse quanto io confidi nella bontà sua, ho scritto allo Stella che le mandi un mio manoscritto. Vorrei che lo esaminasse, e prima di tutto mi dicesse se le par buono per le fiamme alle quali io lo consegnerei di buon cuore immantinente. È brevissimo, ma non voglio che s’affanni a leggerlo e molto meno a rispondermi. Mi brillerà il cuore ogni volta che mi giungerà una sua lettera, ma l’aspettazione e il sapere ch’Ella ha scritto a suo bell’agio m’accresceranno il piacere. Con tutta l’anima la prego che mi creda e mi porga occasione di mostrarmele vero e affettuosissimo servo Giacomo Leopardi.
Recanati 30 Aprile 1817.
Oh quante volte, carissimo e desideratissimo Signor Giordani mio, ho supplicato il cielo che mi facesse trovare un uomo di cuore d’ingegno e di dottrina straordinario, il quale trovato potessi pregare che si degnasse di concedermi l’amicizia sua.
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