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      Io certo quando traduco versi, facilmente riesco (facendo anche quanto posso per conservare all’espressione la forza che hanno nel testo) a dare alla traduzione un’aria d’originale, e a velare lo studio; ma traducendo in prosa, per ottener questo, sudo infinitamente più, e alla fine probabilmente non l’ottengo. Però io avea conchiuso tra me che per tradur poesia vi vuole un’anima grande e poetica e mille e mille altre cose, ma per tradurre in prosa un più lungo esercizio ed assai più lettura, e forse anche (che a me pare necessarissimo) qualche anno di dimora in paese dove si parli la buona lingua, qualche anno di dimora in Firenze. E similmente componendo, se io vorrò seguir Dante, forse mi riuscirà di farmi proprio quel linguaggio e vestirne i pensieri miei e far versi de’ quali non si possa dire, almeno non così subito, questa è imitazione, ma se vorrò mettermi a emulare una lettera del Caro, non sarà così. Per carità, Sig. Giordani mio, non mi voglia credere un temerario, perché le ho detto sì francamente e con tanto poco riguardo alla piccolezza mia, quello che sentiva. Non isdegni di persuadermi. Questa sarà opera piccola per sé, ma sarà opera di misericordia. e degna del suo bel cuore.
      Della mia Cantica, e dell’affinità del Greco coll’Italiano, e dell’utilissimo consiglio ch’Ella mi dà ed io presto metterò in pratica di leggere e tradurre Erodoto e gli altri tre, avrei mille cose da dirle, ma vedendo con affanno che questa lettera è eterna, e vergognandomi fieramente della mia sterminata indiscretezza, le lascio per un’altra volta, m’affretto di dirle che la ringrazierei se trovassi parole, dell’esame che ha fatto della mia Cantica, e il manoscritto non occorre che lo renda allo Stella, il quale non ne ha da far niente, ma se Ella crede che sia costì qualche suo amico il quale non isdegnerebbe di esaminarlo, Ella potrà darglielo o no secondo che giudicherà opportuno: che del Terenzio del Cesari non ho veduto altro che il titolo, e che vorrei sapere, se Ella crede che l’opera del Cicognara mi possa esser utile, perché io oramai non mi curo di leggere né di vedere se non quello che mi può esser utile veramente, perché il tempo è corto e la messe vastissima.


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Storia di un'anima
Memorie
di Giacomo Leopardi
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