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      Quanto al Belcari io mi struggo di proccurarle associati e di mostrarle il desiderio ardentissimo che ho di servirla come posso. Scrivo e fo scrivere a Macerata, a Tolentino a Roma e ad altri luoghi, raccomandando caldamente la cosa. Intendo però che molti domandano del prezzo, il quale vorrei che Ella a un di presso mi potesse dire. Farò il possibile, ma con gran dolore le dico, che ci spero poco perché quanto agli amatori della buona lingua, se di questa io parlassi ad alcuno qui, crederebbero che s’intendesse di qualche brava lingua di porco; e quanto ai devoti i quali Ella dice che vorranno piuttosto leggere una cosa bene che male scritta, questo m’arrischio a dirle che non è vero. Io con tutta la poca età, ho molta pratica di devoti, e so che anzi amano molto singolarmente i libri che a noi fanno stomaco, prima per un loro gusto particolare, del quale la sperienza m’ha chiarito che c’è veramente e non è favola; poi perché a certi concetti non già alti ma che non vanno proprio terra terra, non arrivano i poveretti, in fine (e questa è ragione onnipotente) perché se la lingua ha punto punto del non triviale, è come se ‘l libro fosse in Ebraico, non s’intendendo nessun devoto di Dantesco, perché bisogna sapere che qui tutto quello che non è brodo o se è brodo non è tanto lungo, si chiama Dantesco; sì che il Salvini, per esempio, è Dantesco; il Segneri, il Bartoli, e tutti i non cattivi sono Danteschi, ed oltre i non cattivi, fino la mia traduzione di Virgilio. E queste opinioni non sono già della plebe ma dei dottissimi e letteratissimi, tanto che nella capitale della molto excellentissima et magnifica provintia nostra, è un cotal letteratone che ne’ suoi scritti per tutto toscanesimo ha l’e’, che quando ci capita il mi pare immancabilmente gli fa da lacchè, e tutti hanno che dire sul suo stile che ha troppo dell’esquisito, al che egli risponde modestamente che lo stile del cinquecento è un bello stile.


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Storia di un'anima
Memorie
di Giacomo Leopardi
pagine 156

   





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