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      Io vedeva i miei parenti scherzare cogl’impieghi che ottenevano dal sovrano, e sperando che avrebbero potuto impegnarsi con effetto anche per me, domandai che per lo meno mi si procacciasse qualche mezzo di vivere in maniera adattata alle mie circostanze, senza che perciò fossi a carico della mia famiglia. Fui accolto colle risa, ed Ella non credè che le sue relazioni, in somma le sue cure si dovessero neppur esse impiegare per uno stabilimento competente di questo suo figlio. Io sapeva bene i progetti ch’Ella formava su di noi, e come per assicurare la felicità di una cosa ch’io non conosco, ma sento chiamar casa e famiglia, Ella esigeva da noi due il sacrificio, non di roba ne di cure, ma delle nostre inclinazioni, della gioventù, e di tutta la nostra vita. Il quale essendo io certo ch’Ella né da Carlo né da me avrebbe mai potuto ottenere, non mi restava nessuna considerazione a fare su questi progetti, e non potea prenderli per mia norma in verun modo. Ella conosceva ancora la miserabilissima vita ch’io menava per le orribili malinconie, ed i tormenti di nuovo genere che mi proccurava la mia strana immaginazione, e non poteva ignorare quello ch’era più ch’evidente, cioè che a questo, ed alla mia salute che ne soffriva visibilissimamente, e ne sofferse sino da quando mi si formò questa misera complessione, non v’era assolutamente altro rimedio che distrazioni potenti, e tutto quello che in Recanati non si poteva mai ritrovare. Contuttociò Ella lasciava per tanti anni un uomo del mio carattere, o a consumarsi affatto in istudi micidiali, o a seppellirsi nella più terribile noia, e per conseguenza, malinconia, derivata dalla necessaria solitudine, e dalla vita affatto disoccupata, come massimamente negli ultimi mesi.


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Storia di un'anima
Memorie
di Giacomo Leopardi
pagine 156

   





Carlo Recanati