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      M’inchino con tutta l’anima a V. S. per supplicarla di perdonarmi tanta importunità. Finalmente io son uomo da nulla, e s’io perdo tutto il frutto della mia vita; se son destinato a non provar mai, come non ho mai provata, una goccia di bene quaggiù; questo non rileva; e confesso che non disconviene per nessun conto al merito mio. Ma noi siamo naturalmente inclinati a dare grande importanza alle cose nostre: e massimamente quando si tratta di quasi tutta l’esistenza, non abbiamo riguardo d’infastidire, e anche mostrarci temerari con chicchessia. V. S. mi perdoni, ch’io ne la supplico ardentemente; e se mi pongo nelle sue mani, Ella mi accetti per servitore, o infelicissimo o no ch’io debba essere, certo e invariabilmente devotissimo e attaccatissimo alla sua persona, e alle sue virtù singolari.
     
      A GIULIO PERTICARI
     
      Recanati 30 Marzo 1821
     
      Signor Conte Stimatissimo e Carissimo. È dura cosa il dimandare e peggio a chi niente ci deve, anzi di molto ci è creditore. Ma dall’una parte la vostra squisita benignità, dall’altra la disperazione della mia vita mi fanno forza ch’io vi domandi e vi preghi, anzi vi supplichi. E prima di tutto vi chiedo perdono della rozzezza di questo mio scrivere, perché la tristezza dell’animo, e l’angustia delle cose non mi lasciano tempo né spazio alla considerazione delle parole.
      Io credo che voi sappiate (per la bontà che avete usata d’informarvi delle cose mie) che dall’età di dieci anni, senz’altro aiuto che l’ignoranza di chiunque ha mai conversato meco, il contrario esempio de’ miei cittadini, e la noncuranza di tutti, io mi diedi furiosamente agli studi, e in questi ho consumata la miglior parte dèlla vita umana.


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Storia di un'anima
Memorie
di Giacomo Leopardi
pagine 156

   





Marzo Conte Stimatissimo Carissimo