S. Cecilia considerata più volte dopo il pranzo desiderando e non potendo contemplar la bellezza, baci dati alla figlia e sospiri per la vicina partenza che senza nessuna mia invidia pur mi turbavano in quel giuoco a cagione ec. prevedo ch’io mi guasterei coi cattivi compagni coll’esempio massimamente ec. e perciò che nessun uomo non milenso non è capace di guastarsi,
mal d’occhi e vicinanza al suicidio, pensieri romanzeschi alla vista delle figure del Kempis e di quelle della piccola storia sacra ec., del libro dei santi mio di Carlo e Paolina del Goldoni della Storia santa francese dei santi in rami dell’occhio di Dio in quella miniatura, mio disprezzo degli uomini massime nel tempo dell’amore e dopo la lettura dell’Alfieri ma già anche prima come apparisce da una mia lettera a Giordani,
mio desiderio di vedere il mondo non ostante che ne conosca perfettamente il vuoto e qualche volta l’abbia quasi veduto e concepito tutto intiero, accidia e freddezza e secchezza del gennaio ec. insomma del carnevale del 19 dove quasi neppur la vista delle donne più mi moveva e mio piacere allora della pace e vita casalinga e inclinazione al fratesco,
scontentezza nel provar le sensazioni destatemi dalla vista della campagna ec. come per non poter andar più addentro e gustar più non parendomi mai quello il fondo oltre al non saperle esprimere ec.
tenerezza di alcuni miei sogni singolare movendomi affatto al pianto (quanto non mai maissimo m’è successo vegliando) e vaghissimi concetti come quando sognai di Maria Antonietta e di una canzone da mettergli in bocca nella tragedia che allora ne concepii la qual canzone per esprimere quegli affetti ch’io aveva sentiti non si sarebbe potuta fare se non in musica senza parole, mio spasimo letto il Cimitero della Maddalena,(4) carattere e passione infelice della mia cugina di cui di sopra,
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