IL RIPOSO DELLA MORTE
Io bene spesso trovandomi in gravi travagli o corporali o morali, ho desiderato non solamente il riposo, ma la mia anima senza sforzo. e senza eroismo, si compiaceva naturalmente nella idea di un’insensibilità illimitata e perpetua, di un riposo, di una continua inazione dell’anima e del corpo, la quale cosa desiderata in quei momenti dalla mia natura, mi era nominata dalla ragione col nome espresso di morte, né mi spaventava punto. E moltissimi malati non eroi, né coraggiosi anzi timidissimi, hanno desiderato e desiderano la morte in mezzo ai grandi dolori, e sentono un riposo in quell’idea, il quale sarebbe molto maggiore, se l’idea della morte non fosse accompagnata dai timori del futuro, e da cento altre cose estranee, e d’altro genere. Del resto il riposo ch’io desiderava allora mi piaceva più che dovesse esser perpetuo, acciò non avessi dovuto ripigliare svegliandomi gli stessi travagli de’ quali era così stanco.
PAZIENZA EROICA DELLA NOIA
Anche la mancanza sola del presente è più dolorosa al giovine che a qualunque altro. Le illusioni in lui sono più vive, e perciò le speranze più capaci di pascerlo. Ma l’ardor giovanile non sopporta la mancanza intera di una vita presente, non è soddisfatto del solo vivere nel futuro, ma ha bisogno di un’energia attuale, e la monotonia e l’inattività presente gli è di una pena di un peso di una noia maggiore che in qualunque altra età, perché l’assuefazione alleggerisce qualunque male, e l’uomo col lungo uso si può assuefare anche all’intera e perfetta noia, e trovarla molto meno insoffribile che da principio.
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