E così anche naturalmente proccurava di distrarmi da quel pensiero. Se però l’abito generale di riflettere, o vero l’esperienza e la riflessione che mi aveano già precedentemente resa naturale la cognizione della vanità dei piaceri, e la diffidenza dell’aspettativa, non operavano allora in me senz’avve-dermene, e non mi parvero natura.
CONTENTO E MALINCONIA
Quelle rare volte ch’io ho incontrato qualche piccola fortuna, o motivo di allegrezza, in luogo di rnostrarla al di fuori, io mi dava naturalmente alla malinconia quanto all’esterno, sebbene l’interno fosse contento. Ma quel contento placido e riposto, io temeva di turbarlo, alterarlo, guastarlo e perderlo col dargli vento. E dava il mio contento in custodia alla malinconia.
SOLITUDINE E LINGUAGGIO
Alla inclinazione da me più volte notata e spiegata, che gli uomini hanno a partecipare con altri i loro godimenti o dispiaceri, e qualunque sensazione alquanto straordinaria, si dee riferire in parte la difficoltà di conservare il secreto che s’attribuisce ragionevolmente alle donne e a’ fanciulli, e ch’è propria altresì di qualunque altro è meno capace o per natura o per assuefazione di contrastare e vincere e reprimere le sue inclinazioni. Ed è anche proprio pur troppe volte degli uomini prudenti ed esercitati a stare sopra se stessi, i quali ancora provano, se non altro, qualche difficoltà a tenere il segreto, e qualche voglia interna di manifestarlo (anche con danno loro), quando sono sull’andare del confidarsi con altrui, o semplicelncnte del conversare, o discorrere, o chiacchierare.
| |
|