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      A questa legge generale della divisione dei cani delle città orientali in tanti rioni e della gelosa difesa dei confini c'è tuttavia una qualche eccezione. Quarant'anni or sono, una compagnia di comici italiani recitava al Cairo. Il padre nobile, uomo gioviale, aveva posto affezione a una grossa cagna del Darb-el-Barabra, l'aveva affezionata a sé con largizioni di pane quotidiano, le parlava, e la teneva d'occhio nei suoi usi e costumi. Le aveva dato il nome di Cuffiaccia, e in breve tutta la colonia italiana del Cairo, allora, per verità, molto meno numerosa che non oggi, aveva fatta la conoscenza personale di Cuffiaccia e aveva imparato a chiamarla col suo nome.
     
     
      Bracco orientale[vedi figura]
      Un bel giorno il padre nobile ci dichiarò come cosa certa... Dico ci perché mi trovava anch'io fra quelli cui venne fatta la dichiarazione. Mi ci trovava sebbene non appartenessi alla compagnia comica, ma perché apparteneva alla colonia italiana.
      Dunque il padre nobile ci dichiarò che Cuffiaccia aveva l'incredibile privilegio di girare tutto il Cairo, rispettata dai cani delle varie tribù del centro e della periferia. Nessuno, dapprima, gli volle dar retta. Ma tutti ci ponemmo a studiar la quistione, ciascuno secondo i suoi mezzi, e in breve si accumulò una sì gran mole di prove che non ci poté più essere ombra di dubbio. Cuffiaccia dimorava in Darb-el-Barabra, ci passava la maggior parte del tempo, partoriva sempre nel medesimo cantuccio e vi allattava i suoi nati.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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