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      Ma non di rado faceva impunemente lontane escursioni dove altri avrebbe lasciato la vita. Ciò mi colpì molto e mi proposi di investigare se il fatto di Cuffiaccia fosse veramente unico, o se fosse soltanto raro. In Cairo, dove dimorai a lungo, poi in Alessandria, in Costantinopoli, in Teheran, come in molte città minori di varie parti dell'Oriente dove mi portarono e mi trattennero o poco o molto le vicende della mia vita, io presi quelle più diligenti informazioni che mi fu possibile da tutte le parti. Le mie ricerche mi condussero alla conclusione che il fatto di Cuffiaccia non è un fatto unico. In tutte le grandi città della Turchia, della Persia, dell'Egitto, dove i cani vaganti sono rigorosamente confinati entro un determinato territorio, havvi qualche cane che, per una eccezione inesplicabile, ha il privilegio di girovagare per ogni parte a suo piacimento. Un diplomatico, a Trebisonda, mi ripeteva in proposito il motto di Napoleone I, che il mondo è di chi se lo piglia.
      Il signor Hackländer, parlando dei cani di Costantinopoli, dice ancora:
      «Potrei paragonarli ai monelli dei nostri paesi inciviliti; essi sanno a meraviglia, come i monelli, distinguere i forestieri dalla gente del paese. Bastava che noi comprassimo in un bazar un qualche commestibile, perché tosto ci accompagnassero tutti i cani davanti ai quali passavamo. Ci lasciavano quando uscivamo da quella strada dove essi avevano dimora, ma subito avevamo di nuovo intorno quelli della strada seguente.
      «Per quanto possan parere innocui quei derelitti, diventano tuttavia pericolosi pel forestiero che si aggiri solo per le vie di Stambul, segnatamente quando non porti una lanterna.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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