Ci fu raccontato che sovente taluno, aggredito da quei cani, aveva dovuto la sua salvezza allo accorrere di un musulmano chiamato dalle sue grida. Noi andavamo sempre la sera fuori in parecchi e sempre con lanterna, ma, tuttavia, senza i buoni bastoni che all'uopo sapevamo menare in giro, non saremmo ritornati a casa coi vestimenti illesi».
In Cairo si fanno, per lascito di testatori benefici, distribuzioni quotidiane di pane ai cani in questa o in quella parte della città. Ciò malgrado che, siccome ognuno sa, quei cani, secondo la religione maomettana, si debbano tenere in conto di animali immondi, e sia un peccato il toccarli, e il buon maomettano si deva purificare dopo di averli toccati, tale e quale come se avesse toccato un cristiano.
I maomettani tengono in conto di peccato grave lo uccidere senza necessità o il far soffrire un animale. In una città dell'alto Egitto un cane vagante si trascinava penosamente per la strada colle zampe davanti, avendo avuto spezzate tutte e due a un tempo, anzi sfracellate, le zampe di dietro. La gente gli dava un po' di cibo e il disgraziato animale campava da parecchi mesi. Il signor Brehm, che risaliva il Nilo per andare a Cartum e aveva sostato in quella città, veduto quel disgraziato animale tanto sofferente, pensò che fosse atto di pietà il toglierlo di vita e gli sparò una pistolettata nella testa. Gli spettatori lo investirono ed egli ebbe non poco che fare a quetarli.
Aveva ragione il signor Brehm, o avevano ragione i suoi aggressori?
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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