In Piemonte si dice dei cani di questa razza che essi hanno quattro occhi, e si chiamano addirittura «cani quattrocchi». Questi cani quattrocchi c'erano già, ed erano già chiamati così, al tempo di Zoroastro. Sta scritto nell'Avesta che quando si è portato un morto lungo una strada, affinché possano poi i vivi tenere senza danno la medesima via, bisogna farci passare per tre volte un cane quattrocchi. In mancanza di un cane ci si può far passare un prete che dica queste vittoriose parole: «gathâ chû aairyô...».
Gl'inglesi, quando vogliono dire che un uomo è incapace di arrossire, dicono che arrossisce come un cane nero.
Una bella razza di cani i quali vennero primitivamente dalla Dalmazia, e si diffusero molto dapprima in Danimarca poi in Inghilterra, è macchiettata elegantemente di bruno su fondo chiaro, come il leopardo di nero su fondo dorato: a questi cani gl'inglesi danno lo strano nome di plumpuddings. Certi bracchi sono costantemente pezzati. L'uomo ha mutato a sua posta il pelame del cane non solo tingendolo di questo o di quel colore, ma facendolo più o meno folto o rado, ispido o morbido, rigido o flessuoso, lungo o corto, ricciuto o liscio, e via dicendo. Nell'America del Sud, prima della scoperta di Colombo, c'erano cani indigeni, e di questi una razza, al Messico, aveva la pelle nuda, come il cosiddetto cane d'Africa, che dallo interno di quel continente si diffuse in varie parti di esso, poi in varie parti dell'Asia, e finalmente anche nel continente americano.
In Piemonte si chiamano «cani dai due nasi» quei bracchi che hanno una profonda scanalatura longitudinale fra le due narici, per cui i due orifizi si trovano discosti, e il cane appare come se avesse due nasi.
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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