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      Alessandro il grande, che pure era fatto più d'ogni altro uomo per comprendere tal sorta di disdegno, non lo comprese e credette che il cane avesse paura. Quante volte l'inerzia è interpretata come paura! Il grande conquistatore ordinò che il cane fosse ucciso, e se tutti gli ordini suoi erano sempre prontissimamente eseguiti, quelli poi di tal sorta erano eseguiti in un lampo.
      Il re di Albania seppe la cosa, e mandò ad Alessandro un altro cane come il primo, facendogli dire che non ne aveva che due, e che trattasse meglio questo, e non lo facesse più morire, perché non avrebbe potuto mandargliene un terzo. Quel re fece sapere ad Alessandro che se il grosso cane non si era mosso, ciò dipendeva da che gli orsi, i verri e altre somiglianti fiere, non erano avversari degni di lui, che si sarebbe vergognato di moversi per essi.
      Alessandro fece porre davanti al nuovo cane un leone, poi un elefante, e il cane li uccise uno dopo l'altro.
      Grande ammaestramento, invero, ci dà quel cane del re di Albania, l'ammaestramento di non sfondare le porte aperte.
      «Quando un botolo vi mostra i denti, che merito c'è a mettergli la mano nella gola?» (Shakespeare, «Enrico VI»).
      I cani sono molto battaglieri. Vi sono esempi di grande affezione fra due cani, e sovrattutto fra un cane grosso e un cane piccolo, ma il più delle volte due cani, quando s'incontrano, dopo di essersi guardati, come appunto si dice, in cagnesco, ringhiano e si mordono.
      Sacripante e Rinaldo dopo i gridi e le onte vengono alle spade
     
      Come soglion talor due can mordenti,


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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