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      » (Shakespeare, «Enrico V»).
      Qualche volta il cane fa troppo a fidanza col proprio coraggio e non tarda a pentirsene.
      «Ho veduto non di rado un alano ardente e presuntuoso rivoltarsi a mordere l'uomo che lo tratteneva, poi appena libero e provata la zampa crudele dell'orso, mettere la coda fra le gambe gridando lamentosamente.» (Shakespeare, «Enrico VI».)
      L'alano vince nella lotta tutti gli altri cani. Rodomonte è alla perfine atterrato da Ruggiero, e smania invano per levarglisi di sotto:
     
      Come mastin sotto il feroce alanoChe fissi i denti nella gola gli abbia,
      Molto s'affanna e si dibatte invanoCon occhi ardenti e con spumose labbia,
      E non può uscire al predator di mano,
      Che vince di vigor, non già di rabbia...
     
      Shakespeare parla dell'alano siccome di quel cane coraggioso che sempre si avventa alla testa del toro. Gl'inglesi ebbero per gli spettacoli di combattimenti fra cani e belve quella passione che avevano gli antichi romani. Quando i romani furono padroni dell'Inghilterra, fra le altre cariche che vi istituirono vi fu questa, di un personaggio che aveva per ufficio speciale di cercare, scegliere, allevare, ammaestrare gli alani più belli per mandarli poi a Roma a fare le loro prove negli spettacoli sanguinosi del circo.
      Al tempo di Elisabetta e di Giacomo I gli spettacoli pubblici di combattimenti di belve erano molto gustati. Lo Stow racconta una lotta per tal modo avvenuta in pubblico fra tre alani e un leone. Il primo alano fu azzannato alla nuca, trascinato alquanto e lasciato morto, a malgrado che gli altri due si fossero pure avventati sul leone nel medesimo tempo; il secondo alano fu pure vinto, ma la vittoria fu pel leone più lenta e penosa; morto questo secondo alano, il terzo saltò alla testa del leone e lo addentò alle labbra.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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