C'era, per far girare lo spiedo, un meccanismo mosso da un cane. Il cane allo arrivo dei forestieri sapeva di dover lavorare: e stava di mala voglia, e avrebbe avuto le migliori intenzioni di questo mondo di fuggire. Ma lo tenevano d'occhio. Anzi, in quella grande locanda, dove sovente lo spiedo doveva essere in movimento parecchie ore della giornata, c'erano tre o quattro cani che facevano ciascuno il suo tempo di lavoro. Il padrone raccontava che quei cani sapevano l'ora come se avessero avuto un oriuolo; lavoravano, se non di buona voglia, almeno rassegnati, finché, secondo le norme in uso e che mostravano di conoscere a meraviglia, non fosse venuta l'ora del riposo; venuta questa, si fermavano, guaivano, mostravano di non voler proseguire.
Del resto, questo della grande locanda sulla strada di Fano non era un fatto isolato. In molte parti della Romagna si adoperavano i cani a far girare lo spiedo, e forse si adoperano ancora: e forse la stessa cosa accade pure in altre parti d'Italia.
Linneo dice espressamente che in Francia il cane era al tempo suo, vale a dire nella prima metà del secolo scorso, adoperato a questo medesimo uso, e in quel libro francese la cosa si trova qua e là menzionata.
C'è poi quest'uso, e in pieno vigore, oggi, in Inghilterra. Anzi, secondo il solito quando si tratta di animali domestici, in Inghilterra ci fu un perfezionamento; fu creata a quest'uopo una razza apposita, razza che piglia il nome di cane girarrosto. Questo cane è una modificazione del bassotto.
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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