Le montagne si traforano ora da tutte le parti, e l'opera generosa dei cani del San Bernardo e di altri cani alpini sta per non esser più necessaria. Ma la storia ricorderà sempre quei monaci sublimi che menavano asprissima vita fra i geli colla sola compagnia di quei cani che ammaestravano a cercare l'uomo travolto dalla bufera, vicino a morire, a sorreggerlo, ad aiutarlo, a trovar modo di recargli salvezza. Quegli uomini generosi, ardenti nel sentimento del bene, grandi pel continuo sagrifizio, sommi per la incomparabile semplicità con cui compivano incessantemente i miracoli più eccelsi d'amore del prossimo, resteranno nella memoria degli uomini venerati e benedetti.
Un naturalista, lo Scheitlin, disse a Barry, il più grande dei cani del San Bernardo, parole che meritano di essere riportate, se non altro per dimostrare che i naturalisti non sono poi sempre tanto stupidi quanto sembrano. Eccole:
San Bernardo
[vedi figura]
«Il più eccellente cane che si conosca, non è quello che svegliava la guardia dell'Acropoli di Corinto, né quello che come Bezerillo sbranò centinaia di Americani nudi, né il cane del carnefice che accompagnò per ordine del padrone un viaggiatore impaurito attraverso la grande selva oscura, né il Drago di Drydens, che al cenno del suo signore piombò sopra quattro masnadieri, ne strangolò alcuni e salvò la vita del padrone; né quello che annunziò a casa che il figlio del mugnaio era caduto nell'acqua; né il cane di Varsavia che balzò nel fiume dall'alto del ponte e strappò alla morte una fanciullina che affogava; né quello di Aubry che aggredì furioso l'assassino del padrone e lo fece a brani al cospetto del re; né quello di Benvenuto Cellini che svegliò l'orefice quando si voleva derubarlo dei suoi gioielli, bensì è Barry il santo del San Bernardo!
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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