Da questo si passa alle giovani gazzelle. Se ne avvicina con ogni precauzione l'istruttore, mentre esse riposano accanto alla madre, si volge ad esse l'attenzione del cane, lo si anima, finché sia impaziente, e lo si scioglie allora. Dopo poche esercitazioni si dà alla caccia con vera passione, anche per proprio passatempo.
«Intanto, in mezzo a queste esercitazioni, il nobile animale ha raggiunto l'anno ed il pieno della sua forza. I suoi sensi si sono sviluppati, e segnatamente l'olfatto, che non pare in lui così limitato come negli altri veltri, ha ricevuto la sua compiuta perfezione. Tuttavia lo slugui non è ancora adatto alla caccia; tutt'al più quando ha quindici o sedici mesi, lo si adopera come gli altri. Ma da quel momento gli si domanda quasi l'impossibile, ed egli rende l'impossibile possibile.
«Se un tal cane scorge un gregge di trenta o quaranta antilopi, trema tutto di eccitamento e di piacere; e guarda supplichevolmente il padrone, che tutto consolato suol dirgli: "Ah! figlio di giudeo, non mi dir più che non li hai veduti. Ti conosco, amico, ma faccio volontieri a modo tuo". Allora prende la sua fiaschetta, e innaffia al figlio del giudeo, all'amico, la schiena, il ventre, convinto che con ciò il cane sia assai più rafforzato che con qualsiasi altra cosa. Il veltro, dal canto suo, pieno d'impazienza, volge al padrone occhiate supplichevoli. Alfine si vede libero, balza di contentezza, e piomba come una freccia sulla preda, scegliendosi sempre il capo più bello e forte del gregge.
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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