Per tali ragioni mantengono soltanto cani da pastore e veltri; i primi cogli armenti, gli altri nel villaggio. Era una vera delizia l'andare a zonzo per quel villaggio; innanzi ad ogni abitazione sedevano tre o quattro di quelle magnifiche bestie, che si sorpassavano l'una con l'altra in bellezza. Erano vigilanti e perciò molto diversi dagli affini. Proteggevano anche il villaggio contro le aggressioni notturne delle iene e dei leopardi; solo col leone non si cimentavano. Di giorno stavano silenziosi e tranquilli; la loro vita vera aveva principio al cader della notte. Si vedevano allora arrampicarsi sui muri; salivano persino sopra i tetti di paglia dei «dokhall», o capanne rotonde con un tetto conico, probabilmente per trovare colà un posto appropriato all'esplorazione coll'occhio e l'orecchio. La loro agilità nell'arrampicarsi eccitava a buon diritto la mia ammirazione. Già in Egitto aveva osservato che i cani stanno di notte più sulle case che non nelle vie. Ma là le case hanno tetti piani ed uniti, mentre a Melbess non erano né l'uno né l'altro; tuttavia i cani vi si trovavano così comodamente come sotto sulla terra piana. Quando la notte scendeva, s'udiva dapprima qua e là uno squittire, un abbaiare, poi succedeva il silenzio, e si sentiva tutt'al più il rumore prodotto dai cani se correvano sopra i tetti, sotto cui si giaceva. Durante tutto il tempo del mio soggiorno non passò una notte senza che trovassero l'occasione di servire l'uomo. Quando una iena, un leopardo, un ghepardo, cani selvatici od altri carnivori si avvicinavano la notte al villaggio, se un cane scorgeva gli odiati visitatori metteva pochi suoni particolari, e in un batter d'occhio tutta la comitiva era pronta.
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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Egitto Melbess
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