Quanto sono mirabili le astuzie del cane dietro alla selvaggina, altrettanto sono mirabili le astuzie della selvaggina per schermirsi dal cane. Ma di queste l'uomo tien poco conto e parla di malavoglia, mentre va in estasi per le prime.
Sovente la lepre fa perder le tracce cacciandosi nella tana di una volpe, anche saltando per la finestrina entro una cappella solitaria fra i boschi, o sopra un muricciuolo, perfino sopra una tettoia, dove si appiatta per sottrarsi alla vista, e sta immobile anche alle prime sassate. Allora accade al cane ciò che accadde a Sacripante, Orlando e Ferraù che inseguivano Angelica, quando essa si mise in bocca quel meraviglioso anello che rendeva la persona invisibile:
Volgon pel bosco or quinci or quindi in frettaQuelli scherniti la stupida faccia,
Come il cane talor se gli è intercettaO lepre o volpe a cui dava la caccia,
Che d'improvviso in qualche tana strettaO in folta macchia o in un fosso si caccia...
Shakespeare fa dire a Rodrigo in «Otello»:
«Eccomi correre, non come il cane che insegue la preda, ma come quello che riempie invano l'aria dei suoi gridi».
In «Troilo e Cressida», Tersite parla del cattivo segugio che abbaia senza essere sulla traccia. La lepre fa interminabili giri e rigiri per confondere i suoi persecutori, ma il buon cane ci si ritrova e, secondoché l'esperienza gli ha insegnato, s'avvia talora di corsa in una direzione diversa da quella per cui va l'animale, sicuro del fatto suo.
Il vecchio eremita che segue le tracce di Angelica, s'ingegna in modo da poterla raggiungere:
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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Sacripante Orlando Ferraù Angelica Rodrigo Cressida Tersite Angelica
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