Ma la sua vista è debolina, ci vede poco, conosce il padrone alla vista solo se è vicino. Il senso della località è sviluppato nel barbone: ritrova la via di casa dopo ore e giorni di distanza. Corre vagando volentieri per la città e per la campagna, e cerca colla certezza di trovare la casa nella quale anche una volta sola venne col padrone e fu accolto bene. Perciò può esser ammaestrato ad andare a prender la carne dal macellaio e il pane dal fornaio. È meravigliosa la sua cognizione del tempo; sa quando è domenica, conosce come l'uomo affamato il mezzogiorno, e il giorno di macello all'ammazzatoio. Distingue i colori e riconosce le cose mercé di essi. La musica fa una impressione singolare sopra esso: tollera alcuni strumenti, altri no.
«Il barbone ha una straordinaria potenza di percezione. Nulla gli sfugge, e perciò vien detto saggio. È un osservatore perfetto, e perciò impara a capire distintamente non solo le parole, ma i cenni, gli sguardi del padrone. La sua memoria è in sommo grado fedele. Per anni serba nell'animo la forma e il colore del padrone, per anni ricorda una strada. Si chiama intelligente questo cane in grazia del suo odorato; e quanto più si dovrebbe chiamarlo così in grazia della sua fedele memoria, poiché nella vita quotidiana si dice intelligente un bambino che abbia la memoria buona, e persino uno stupido pedante che sa molto. Questa memoria è la cagione principale della intelligenza del barbone. Tuttavia abbisogna anche di pazienza, di buona volontà, di ubbidienza: riesce a battere il tamburo, sparare una pistola e salire una scala a piuoli, assaltare liberamente con una schiera di cani un rialzo difeso da altri cani: impara a rappresentare una commedia coi compagni.
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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