Di tutto ciò si tenne gran conto dagli antichi medici nei loro giudizi sulle malattie dei cani, intorno alle quali fu molto scritto.
In ogni tempo, come oggi, di un cane malato un signore, o una signora, si danno più pensiero che non di un servo, e volontieri spendono quanto viene loro domandato, purché se ne possa ottenere la guarigione.
La più grave fra tutte le malattie dei cani, anzi orrendamente spaventosa, è la rabbia. Di questa voglio parlare di proposito, e ciò farò nel capitolo seguente.
Ho già detto sopra come qualche volta venga la moria nei cani, e come ciò non sia raro in Siberia, e con indicibile danno di quegli abitanti.
Ho veduto in Egitto morire in breve i cani portati dall'Europa, che generalmente erano bellissimi cani inglesi da caccia. Morivano quasi sempre di mal di fegato.
Il padre di Alfredo Edmondo Brehm, che era pur esso valente naturalista, aveva in casa un cane bassotto gravemente infermo, il quale guarì in un modo inaspettato. Il signor Brehm figlio, che racconta la storia di quella inaspettata guarigione, dice di quel cane:
«... Era nemico dichiarato di tutti quanti gli altri animali che si trovavano in casa. Non viveva in pace con nessuno, ma più di tutti gli era avverso un grifone di cui la codardia gli assicurava la vittoria. Solo quando i due cani si erano morsicati a vicenda, il grifone ripigliava coraggio, e allora si aggomitolavano insieme rotolando giù, non solo lungo le scale, ma anche dall'alto di un muro, sopra le aiuole del giardino, o sul pendio della montagna, senza cessare la loro furiosa lotta prima che fossero fermati da una siepe, nel caso più favorevole, o in caso più serio rinfrescati dall'acqua del ruscello nel quale capitombolavano insieme.
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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