Quando a' vapori e quando al caldo suolo.
Non altrimenti fan di state i cani,
Or col ceffo, or col pič, quando son morsiO da pulci, o da mosche, o da tafani.
L'Ariosto prende da Dante la similitudine, ma, secondo il solito, la dā un po' diluita.
Ruggero sul cavallo alato combatte contro l'orca; piomba sul mostro repentinamente, poi subito poggia in alto, cerca di ferirlo in questa o in quella parte, lo molesta.
Simil battaglia fa la mosca audaceContro il mastin nel polveroso agosto,
O nel mese dinanzi o nel seguace,
L'uno di spiche e l'altro pien di mosto;
Negli occhi il punge e nel grifo mordace;
Volagli intorno e gli sta sempre accosto,
E quel suonar fa spesso il dente asciutto...
Mi avevano raccontato da piccino la malizia della volpe che, per liberarsi dalle pulci, va in riva all'acqua, incomincia ad immergervi la coda, poi a poco a poco, molto lentamente, vi affonda le zampe posteriori, e in seguito le reni, il tronco, le spalle e il collo, poi, pių lentamente ancora, il capo. La volpe ha avuto cura, prima di scendere nell'acqua, di prendere in bocca, tenendolo coll'apice del muso, un mucchietto di fieno. Le pulci, cosė mi raccontava la nonna, quando la coda tocca l'acqua, quelle che sono proprio fra i peli della punta, incominciano a venir su all'asciutto. A mano a mano che la coda s'affonda tutte salgono sulla groppa, poi sempre pių in su, per modo che a un certo punto finiscono per arrivare tutte raccolte sulla pelle del cranio. Quando anche questo č sott'acqua, si spingono su pel muso, arrivano alla punta del naso, e da questo, cacciate sempre dall'acqua, si accampano sul mucchio di fieno natante.
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I cani
di Michele Lessona
pagine 128 |
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Ariosto Dante
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