Ma egli non ha quelle cognizioni, nè può ammaestrare gli altri di ciò che non seppe mai imparare. Che cosa sa fare allora? Polemica, irrimediabilmente polemica.
I giornali detti della opposizione hanno in questa palestra la parte più bella: come di là son facili le apostrofi, facile coprire quotidianamente il bianco col nero, fulminando gli uomini che siedono al Governo, dimostrando che mandano in rovina il paese, vaticinando, per poco che la durino ancora, il finimondo ogni settimana! Altri giornalisti meno violenti, e buoni al tiro e alla sella, fanno un esercizio diverso e curiosissimo; quello di mettere in fila parole che si dan l'aria di aver un significato, come le nubi talora paiono avere una forma: questi articoli sono tempestati di Noi. Noi abbiamo detto tante volte: Noi non abbiamo bisogno di ripetere: non è a Noi che si possa fare il rimprovero: se a Noi si fosse dato in tempo ascolto: c'impongono i Nostri principii: è noto il Nostro passato, ecc. Nei giornali venduti, come gentilmente si sogliono chiamare dagli avversari quelli che non fanno l'opposizione, è più difficile la prosa piccante; si parla della necessità della quiete per un buono e pronto riordinamento, di temperanza nei prudenti propositi, di senno necessario a condurre le cose a buon porto, ma si mena il can per l'aia colla stessa vanità di cognizioni che è in tutti.
Un tale è saltato su con una proposta di regolamentare (si condoni il vocabolo) il giornalismo con una legge, secondo la quale per essere giornalista sia necessario dar prova di una certa ampiezza di cognizioni, fare un esame, avere un diploma, come si fa per gli avvocati e poi medici.
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