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      Ciò in ogni ramo di amministrazione. Il povero diavolo che doveva squattrinarsi in tal modo, preferiva trattare coll'impiegato siciliano anzichè col napoletano: in generale il primo gli riusciva più arrendevole e di più facile contentatura. Questo per far fortuna disponeva di più tempo; sapeva di potere. secondo ogni verisimiglianza, rimanere tutta la vita nello stesso ufficio, ed aver agio di farsi bel bello la sua fortuna: il napoletano invece, incalzato dalla fretta, poteva venire richiamato di punto in bianco, doveva spicciarsi a raggruzzolare il più possibile nel minor tempo possibile, epperò non aveva rispetti di sorta.
      Il danaro lasciato scorrere all'impiegato siciliano in fin dei conti rimaneva nella città, e, come dire, in famiglia; quello, dato al napoletano se ne andava fuori dell'isola.
      Ora questi motivi più non valgono, ma se ne adducono altri.
      Parecchi statisti in Italia propugnano il decentramento, al quale fan buon viso la maggior parte di quelli che se ne intendono.
      Secondo l'opinione di costoro, gioverebbe lasciare alle varie grandi regioni il potere d'amministrare sè medesime e di eleggere gli impiegati; ed il governo dovrebbe starsene possibilmente da parte.
      Costoro difendono i loro principî con buone ragioni e con ottimi esempi.
      Ma non valgono a confortare il principio che in Sicilia tutti gli impiegati debbano essere siciliani. Quand'anche la scelta degli impiegati si facesse a Palermo invece che a Firenze, si dovrebbero perciò escludere i buoni impiegati che venissero da altre provincie, a beneficio dei siciliani, solo perchè siciliani?


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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