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      Era suo primo volere che il futuro istituto fosse del tutto privato, e libero da ogni governativa ingerenza; perciò prima ancora del primo testamento, fin dal 1819, sebbene ritenesse illegittimo il governo di Napoli, e non si permettesse domandargli qualche cosa, anche se a fin di bene, nondimento s'era indotto a chiedere licenza di questa fondazione, e l'aveva formalmente ottenuta. Nei testamenti surricordati pose ogni studio e diligenza nel fare sì che dopo la sua morte ed in ogni tempo, il suo istituto serbasse questo carattere interamente privato. A tal fine incaricò, quand'era ancora vivo, di attuare i suoi propositi un suo intimo amico, compagno di speranze e di conforti, che, nominato da lui esecutore testamentario, seppe durare in vita, ed ebbe la meritata consolazione di veder libera la patria. Quest'amico fu Ruggero Settimo. Nè ci voleva meno d'un uomo di questa tempra a mandare ad effetto le disposizioni di quel testamento.
      Il principe di Castelnovo aveva lasciato l'usufrutto d'ogni suo avere alla principessa sua consorte: aveva lasciato pensioni vitalizie numerose ai suoi famigliari, e lire 255.000 in legato a quell'uomo di Stato che avesse contribuito coll'opera sua presso la corte di Napoli, al ripristino delle leggi costituzionali dell'Isola.
      Onde alla morte del suo amico, la sola somma di cui potesse disporre Ruggero Settimo a pro del futuro istituto agrario era di lire 6375 annue, che venne tutte spendendo nel proseguire il fabbricato.
      Morta nel 1837 la principessa vedova del fondatore, riuscì a Ruggero Settimo di portare a termine l'edificio e mobiliarlo di tutto punto e finalmente il 16 novembre 1847 se ne potè fare l'apertura.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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