Troppo bene aveva fruttato il primo viaggio perchè non gli fosse dato prontamente il consenso di ripartire ed eccoti un secondo viaggio; poi un altro; ed in questo suo continuo peregrinare il giovanetto studiava gli uomini e le condizioni politiche e sociali dei tempi, e riflettendo su tutto s'ingegnava di impratichirsi, di appropriarsi quanto di meglio si potesse fare nel giro de' suoi traffici, per comune utilità di Palermo, della Sicilia, e della propria casa.
Lo zio s'accorse allora che il nipote, non che abbisognare di guida, si era fatto maestro, e lasciò a lui il maneggio di ogni cosa; poi, quando morì, gli lasciò i suoi averi, che, uniti a quelli del nipote, ammontavano ad un trecentomila lire.
Era questi allora in sui vent'anni. Per solito in tali congiunture si trova sempre qualche vecchio amico che non richiesto, viene a darvi i suoi savi consigli. Può darsi che allora taluno abbia detto al signor Vincenzo Florio: - Voi avete venti anni e trecentomila lire. A che pro affaticarvi e mettere a rischio i vostri capitali? Potete vivere ricco e tranquillo, darvi per una dozzina d'anni bel tempo, poi accasarvi con una bella e giovane donna e camparvela quietamente. State dunque allegro e non vi lasciate travolgere da quella vertigine funesta che si chiama amor del denaro, e che ha rovinato tanta gente. Pensate che ogni lasciata è persa, e che il pentirsi dopo a nulla giova, e chi non fa le pazzie in gioventù, le fa in vecchiaia...
Non so se ciò per l'appunto sia stato detto allora al signor Florio, ma la cosa è verosimile.
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