Ma l'aspetto della città è diverso. C'è una certa aria di dignità, di forza, di sicurezza, di coscienza di vivere di sè e per sè, che contrasta coll'antica premura servile per i forestieri. Una volta in Napoli il forestiere era preso di mira ad ogni passo. Oggi non è così: si confonde pel tempo in cui resta, nella gran città: è diventato un atomo temporaneo di questa immensa massa, la quale sente ora una certa coesione che le dà forza, coraggio, dignità, ed è principio di gran bene per l'avvenire.
Eccoci in piazza del Municipio. C'è un Municipio a Napoli da otto anni soli, ed ha per palazzo, assegnatogli sotto la Luogotenenza del Cialdini, il vasto edificio fondato dai Borboni per raccogliervi le sedi di tutti i ministeri del regno. Fermiamoci un po' qui e guardiamoci intorno da' quattro lati. Di dietro lasciammo il Molo ed il mare, a destra si aprono gli sbocchi delle straducole della parte più vecchia e più povera della città, a sinistra abbiamo il Castello Nuovo col suo maschio altissimo di cinque torri angioine rivestite di lava, che pare tentino di sprigionare il capo dalla cinta anteriore aragonese di tufo, mezzo abbattuta il 1861, di cui i fossati ripieni e la breccia aperta rimangono a brutta testimonianza della difficoltà che c'è stata per sette anni d'intendersi tra il Municipio e lo Stato. Adesso finalmente pare che gli accordi procedano con migliori disposizioni da parte del ministero, e ci sia speranza di poter demolire tutta questa vasta cinta esterna, lasciando solo il fiero maschio angioino a torreggiare alto e severo come Palazzo Vecchio in Firenze.
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