Nel 1860 aveva, come adesso, l'entrata d'un milione, manteneva cinquemila persone in sette stabilimenti soggetti ad una sola amministrazione, oltre i tre ospedali mediocremente tenuti: gli altri istituti erano bolge confuse in cui tutte le età si mescolavano, e gli innumerevoli impiegati abitavano ne' posti migliori; si dormiva e mangiava dove e come si poteva, non si lavorava quasi affatto, non s'istruiva nessuno.. Il Nolli, il Ciccone vi tentano varie riforme più urgenti; uno de' direttori, il Sagarriga, v'è ucciso da un sordo-muto, più che altri vi riesce il Winspeare regio commissario nel 1866: separa le età, sloggia gli impiegati dalla casa de' poveri, ordina i convitti, ravvia il lavoro, inizia l'istruzione, comincia a rifar decenti i dormitorii. Si sollevano due volte contro di lui, ora donne ora uomini, e una volta è ferito. Adesso l'ordine è avviato, i ricoverati son vestiti e nutriti e alloggiati meglio, i giovani cominciano ad uscire a diciotto anni, le fanciulle vi si preparano anch'esse, e tutto ciò fra angustie economiche, lotte politiche dove la politica non avrebbe dovuto aver luogo, difficoltà d'ogni specie. La cieca beneficenza che avvilisce, già cede il luogo, e vien meno al cospetto della filantropia e della carità intelligente che aiutano il misero, ma insieme lo spronano ad aiutarsi da sè.
Per la istruzione popolare come per la beneficenza, i passi che ha dovuto fare Napoli sono stati tanto più lunghi quanto essa si trovò più indietro agli altri nel 1860. V'erano quaranta scuole e tremila scolari quell'anno.
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