Io non so se voi, lettori benevoli, possiate immaginarvi l'infelicissima condizione in cui si trovò ripiombato a un tratto il povero Ragozzino. Mentre si vedeva sfumare la speranza così a lungo nutrita di potere un giorno sposar la cugina, speranza che lo avea confortato nelle aspre lotte della sua vita, si vedeva rigettato d'un tratto nell'antica miseria, e probabilmente costretto a smettere, appena aperto, il suo negozio; che pure egli avea fede che gli avrebbe assicurata in pochi anni una onesta agiatezza. E dovendo cominciare da capo a lavorare da operaio, gli parea imminente il giorno in cui le sue sorelle e fratelli avessero a chiedergli invano il loro sostentamento. Pregato e ripregato, lo zio stette duro, e gli ripeteva biecamente che se non gli si levava dai piedi, il termine di tre giorni l'avrebbe ridotto a ventiquattr'ore.
Visto che non v'era rimedio, Gaspare non si perdè d'animo. Chiuse nel petto la sua ambascia, e si diede a girare la città in cerca di chi gli volesse prestare la somma, dandogli in garanzia il suo negozio e la sua parola. E siccome il giovane s'era in poco tempo acquistata la reputazione del più puntuale tra i mercanti del rione, non gli riuscì difficile ottenere quel che voleva, e quindi ebbe la soddisfazione di mettere il piede l'ultima volta in casa dello zio per restituirgli il suo danaro, ventiquattro ore sole dopo che gli era stato richiesto.
In pochissimo tempo Gaspare seppe riparare allo strappo fatto così nel suo piccolo capitale e prosperare nei guadagni con onestà ed accortezza.
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Ragozzino Gaspare Gaspare
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