Da quel momento cominciò a vincer premi, l'uno dopo l'altro in tutte le prove che si facevano all'Istituto, il piccolo provento de' quali gli pareva anche troppo a vivere nel modo parco a cui egli era avvezzo. Vinse quindi il premio d'un quadro, rappresentante l'angelo che porta le anime al Purgatorio dantesco; e raccolte centocinquanta lire, s'avviò con queste frettolosamente a Roma il '45, dove stette un mese a vedere e a meravigliarsi più che a studiare, in quel mondo nuovo che gli si apriva allo sguardo.
Tornato in Napoli, si ricoverò da un suo compagno in un misero studio alle Fontanelle su la collina di Capodimonte, vietando l'ingresso a tutti, chiusi e sconosciuti fantasticando e abbozzando. Il Morelli allora si diè tutto ai soggetti del medio evo, tanto divulgati dai romantici di quel tempo; e colla solita pertinacia che metteva nei suoi studii, dalle letture del Mengs e del Winkelman nelle biblioteche pubbliche, passò a interpretare il Camoens e una collezione di poesie provenzali, e riuscì da solo a leggere que' libri come l'italiano. Concepì in questo periodo e, fra una miriade di abbozzi e di tentativi, si diè a lavorare ad un quadro rappresentante un bacio, tratto dal Corsaro di Byron, per la mostra pubblica che dovea aver luogo quell'anno. Non avea modello di donna e non potea pagarlo, e l'amico gli servì da modello con l'aiuto d'un testa di gesso e il volto d'una sua parente, ad onta che la madre gli facesse guerra su queste fantasie baironiane che la scandalizzavano ed a cui non si rassegnò che a grande stento, donando al figlio l'ultima tovaglia di Fiandra, tenuta in serbo, per distenderne la tela su cui ritrarre quel soggetto.
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