Quand'ecco giunge il professore castrapensieri, riguarda, s'accorge della cosa, si gitta sul quadro e lo scaglia in mezzo al cortile, dove n'andò in pezzi la cornice.
Il chiasso fu grandissimo, si riseppe tutto il fatto dal pubblico, l'Istituto fu costretto a farne ammenda decretando al Morelli pel suo quadro non esposto una medaglia d'oro.
Indignato per questo fatto il Morelli risolse di uscire ad ogni costo da Napoli. Avea concepita l'idea di una Madonna che culla il bambino, aiutata da San Giovanni, con un coro d'angeli, che accompagnano co' loro strumenti la ninna nanna della Vergine, e ne avea intrapreso il disegno, ma risolse di compierlo a Roma. Un bel dì vendè tutto quel che avea nel suo studio, ne ricavò una cinquantina di scudi, riuscì a procacciarsi un passaporto e s'avviò per Roma. Appariva allora quella ingenua aurora del '47, quando illusioni d'ogni specie signoreggiavano il cervello degli Italiani, ed ai giovani sembrava che fosse per nascere un nuovo mondo. A Roma era come una scena continua ad una continua aspettazione di felicità. L'amnistia, Pio IX, Gioberti, le riforme, la Confederazione italiana, infiammavano popolo ed artisti. Fra questa baraonda il Morelli si diè a lavorare al suo quadro della Madonna che culla, e lottando col danaro, perchè per tutto il tempo che potea rimanere a Roma gli bastasse a compiere il lavoro; ma con poca speranza di riuscirvi. Colà egli non aveva conosciuto altri che un vecchio pittore romano, il Ruspi, che lo avea preso a ben volere, e in casa del quale aveva cominciato il suo quadro.
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