Talvolta, dopo un lavoro di più ore, tornato a casa si rimetteva senza mangiare al suo quadro, non volendo chiedere al suo ospite ciò che questi non gli aveva offerto. Visse in questo tempo il Morelli quasi di nulla, pagando un paolo all'osteria, dove a pittori più ricchi di lui spesso si facea credito, e dipingendo qualche ritratto. Una volta Pasquale Villari suo amicissimo, ed ora suo cognato, gli mandò da Napoli una decina di scudi, ricavato dalla vendita di un orologio che avea come ricordo di suo padre, e scrivendogli invece che non aveva bisogno di quel denaro, che a lui a Roma potea difettare; e così lo soccorse col più grande de' sacrifici che potea fare l'amico a quel tempo per lui, come prima e dopo quel tempo lo sovvenne di consigli, di incitamenti, ed anche di rimproveri generosi, a cui il Morelli fu in gran parte debitore di quello che è divenuto.
Un monsignor Colombo, prelato in molta grazia del papa, aveva in questo tempo ordinato un quadro rappresentante Cristoforo Colombo ad un pittore amico del Morelli. Non potendo quel pittore fermarsi in Roma, chiese al Morelli se volesse lavorare per lui. Il Morelli accettò; e presentato un bozzetto al prelato, questi lo approvò, e il giovine si mise al lavoro. Con le anticipazioni di pochi paoli che gli fece il prelato, il Morelli potè continuare a vivere e a lavorare alla sua Madonna, finchè l'ebbe finita; ed il Cipolla, l'illustre architetto, che l'aveva vista e gli voleva bene, fu quegli che pagò pel Morelli gli scudi richiesti per la tassa della mostra, e che gliela fe' porre a posto.
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