Una femmina del popolo gli strappa la barba a ciocche, un birro gli tanaglia le carni colle dita: son messi in fila in faccia ad un drappello dì Svizzeri, e si tengono sicura la morte. Qualcuno rimpiange la moglie, i figliuoli; al pittore parea che non gli potesse accader meglio che uscir da tanta tortura. Dopo un poco li mandano all'ospedale di marina dove passano la notte alla rinfusa tra un carnaio di Svizzeri morenti per le ferite di palla bene aggiustate e di prigionieri paesani più o meno malconci. I marinai chiamati come infermieri russavano ubbriachi per terra, mentre i cittadini feriti si levavano brancolando in camicia a portar da bere agli Svizzeri che ne chiedevano tra la arsura della morte. A mezzanotte si ode un rumore alle porte, ed entra una turba con Ferdinando e i suoi fratelli che visitano i feriti e fanno inchieste birresche ad uno ad uno ai paesani. Il Morelli era senza forze e non rispose. Dopo quattro giorni di strazi i sani e i meno malconci furono mandati via: tra questi era il Morelli.
Si rimise ai suoi studi di pittore, pieno d'una crescente malinconia per gli amici uccisi, prigionieri o fuggiti, pel continuo spavento della madre, e lo sguardo che gli era sopra continuo della polizia. Pure non s'era mai occupato di politica e non aveva l'aria di cospiratore, sicchè sfuggì dalle branche dei birri.
Alla mostra pubblica del '49 egli espose un quadro in cui rappresentò il Van der Welt in mezzo ai corsari sopra una riva romita. Batteva sempre questi soggetti che gli parea quasi dicessero più che non apparisse.
| |
Svizzeri Svizzeri Svizzeri Ferdinando Morelli Morelli Van Welt
|